Perché parlare del ’68?
“Perché siamo convinti che quell’anno – come pochi altri nella storia moderna e contemporanea – abbia segnato in modo unico un’epoca e gli anni a venire e ciò resta vero sia che ci si schieri tra chi ne apprezza il portato a livello socio-culturale nonché nell’immaginario collettivo sia che si stia dalla parte dei suoi detrattori. Basti pensare a certi dibattiti anche recenti in merito al tema”.
Perché il Centro culturale Paolo VI ha deciso di parlarne in un incontro pubblico?
“Occorre parlarne perché il ’68 segna indiscutibilmente un discrimine, nel senso che ha messo in crisi un modello di civiltà che, fatti salvi i fisiologici cambiamenti propri del divenire storico, si era mantenuto abbastanza rigido sotto diversi profili – antropologici, culturali, sociali, valoriali. Senza dubbio ci riconosciamo in quanto affermò Paolo VI proprio nel 1968, ovvero che sono incontrovertibili “i motivi di giustizia, di verità, di autenticità, di rinnovamento, che sono alla radice di certe contestazioni” quale fu quella del ’68 in cui i giovani, appoggiati poi in seguito da comparti ‘adulti’ del mondo del lavoro e della cultura, indussero l’opinione pubblica e il mondo della politica a rivedere il giudizio e, conseguentemente, le scelte politiche in merito all’etica sociale, viziati da abusi e rigidità inveterati e anche attualmente insostenibili. Ma ancor più è importante parlarne per stilare un bilancio di quanto e di quali sogni profetici del tempo si siano trasformati in azioni politiche, quali siano stati meteore, quali siano divenuti metafore culturali ancora vive ai giorni nostri. Va detto che a nostro parere molto di ciò che il ’68 ha posto sul tavolo delle riforme possibili in ordine al pensiero e all’agire sociale e politico nonché sul piano dei modelli antropologici e valoriali è ancora attuale”.
Perché parlarne con i due relatori scelti?
A Piergiorgio Grassi è stato chiesto di definire gli orizzonti filosofici, sociologici e politici entro i quali è nato e si è sviluppato il ’68, nonché di chiarire la posizione della Chiesa in quegli anni e in quelli precedenti. A Lidia Maggioli, oltre ad un’analisi più approfondita relativa alla figura femminile e al ruolo centrale del movimento degli studenti medi e universitari, si è richiesta anche la testimonianza diretta di chi come lei, per citare un suo romanzo, è stato fra i Maggiorenni nel ’68″.
L’incontro si è sviluppato nella forma del dialogo tra due studiosi e testimoni di quello che per il Centro Culturale Paolo VI rappresenta senza dubbio un momento topico nella costruzione anche culturale del mondo odierno.